Ponte Vecchio

Premessa
Quella del Ponte Vecchio di Ivrea è una vicenda controversa: poche certezze, tante supposizioni talvolta comprovate storicamente, talvolta fondate su immagini, brevi descrizioni o racconti. Ponte Vecchio, Ponte Romano, Ponte Canavese in qualsiasi modo lo si voglia chiamare o compaia nei documenti storici è sempre lui: il primo significativo collegamento tra la sponda sinistra e quella destra della Dora Baltea. Tutti noi che amiamo il Borghetto non possiamo che sentire “nostro” anche il ponte e l’occasione, rappresentata dalla ricorrenza dei primi 300 anni dalla sua ultima e documentabile ricostruzione, non poteva passare inosservata alla nostra Associazione Culturale. Abbiamo così pensato ad un piccolo bignami con un testo leggero e di facile lettura, senza troppe velleità storico scientifiche, per far conoscere la storia e qualche curiosità del nostro bimillenario ponte.

Il Ponte Vecchio è un ponte romano?
Il Ponte Vecchio viene spesso descritto come “ponte romano”. Si suppone, infatti, che sia stato costruito per la prima volta dai Romani quando la colonia di Ivrea fu posta a presidio della via militare tra Torino e Aosta. Se in origine è stato un ponte romano, certamente quello che vediamo oggi non lo è più. Ma la supposizione che ve ne fosse uno pare assai fondata e si deve soprattutto al rinvenimento di laterizi romani durante i molteplici studi e scavi eseguiti dagli archeologi, che fornirebbe la prova della preesistenza di un ponte del I secolo a.C. Un altro motivo che contribuisce a confermare l’ipotesi e costituita da diverse analogie progettuali evidenti tra il Ponte Vecchio ed altri ponti romani posti lungo il corso della Dora Baltea in Valle d’Aosta. Insomma, quando un eporediese dice ad un forestiero “quello è un ponte romano” commette un errore, ma di solito nessuno lo smentisce.

E dopo i Romani?
Le ricostruzioni storiche testimoniano che nel VI e VII secolo Ivrea è stata un ducato longobardo che si estendeva tra i fiumi Orco e Sesia e comprendeva, a sud, alcune colline del Monferrato. Il ducato di Ivrea doveva avere una connotazione di confine di difesa dall’invasione dei Franchi che attraverso i valichi alpini della Valle d’Aosta  ambivano a penetrare nella pianura padana. Non vi sono però elementi in grado di fornire una chiara testimonianza della presenza dei Longobardi in Città, mentre pare certa la loro presenza in zone limitrofe (Borgomasino e Caluso ad esempio). È comunque facile supporre che il valico dello stretto della Dora fosse presente anche in epoca longobarda, in quanto nella nostra regione i caratteri della dominazione longobarda furono improntati all’integrazione e all’acquisizione di molti elementi della civiltà romana. E’ possibile pertanto supporre che i Longobardi manutennero o rimaneggiarono il ponte romano, o che addirittura ne abbiano costruito uno ex novo, se questo era andato distrutto o danneggiato.

Perché qualcuno sostiene che fosse di legno?
Anche questa è una supposizione a cui gli storici danno un certo credito e alcuni documenti storici e iconografici confortano questa tesi. Nei vecchi ponti romani (e longobardi) infatti le pile, ovvero l’elemento verticale portante, erano di solito molto solide e indistruttibili, mentre le arcate erano più soggette a crolli e gravi danneggiamenti. La spinta dell’acqua è infatti contrastata meglio dalle pile, spesso provviste di rostri (sagomatura a punta della base per ridurre la turbolenza dell’acqua e deviare il materiale trasportato dalla corrente) che non dalle arcate che presentano una grande superficie laterale che, se raggiunta dall’acqua in piena, poco si adatta a reggerne la spinta. Per questo è verosimile che il Ponte sia stato ad un certo punto ricostruito in legno sulle pile originarie in pietra e laterizio di epoca romana. Così è stato, ad esempio, per il Pons Major, altro prezioso manufatto romano rinvenuto nell’alveo della Dora Baltea 500 mt a valle del Ponte Vecchio, una prima volta nel 1977 dopo l’alluvione e poi riemerso e studiato dopo la piena del 1993.

Che ne è stato del Ponte alla fine del 600?
Nel ricostruire la storia del Ponte Vecchio una delle fasi meno documentate riguarda il secolo XVII.

Si presume che in quest’epoca, dopo l’ennesimo crollo, il Ponte sia stato rifabbricato passando da manufatto ligneo a struttura nuovamente in muratura. Qualcuno è portato a sostenere addirittura la tesi che il ponte fosse ancora di legno quando venne distrutto nell’assedio del 1707, ma pare molto più veritiero ritenere che il ponte fosse già in pietra e laterizio come mostra la veduta del Theatrum Sabaudiae del 1669 che lo ritrae con torretta e ponte levatoio verso il Borghetto. Di qualche anno successiva è una rappresentazione che, nel confermare i medesimi caratteri del ponte, ci fornisce addirittura l’ipotesi che potesse  essere coperto.

Da chi fu ricostruito l’ultima volta?
Nel 1704 gli abitanti di Ivrea, ma meglio sarebbe dire l’esercito Austro-Piemontese a suo presidio, fecero saltare il ponte durante l’assedio della città da parte delle truppe Francesi. Lo scopo era quello di interrompere l’unico collegamento ed assicurare la difesa della città. La distruzione, operata riempiendo di polvere da sparo dei buchi praticati nel basamento, fu totale e rase al suolo anche le pile. Solo nel 1716 Vittorio Amedeo II di Savoia lo fece riedificare, allargandone l’alveo per permettere un maggiore deflusso delle acque in caso di piene. Il suo completo restyling prevedeva probabilmente alcune finiture diverse da quelle che a noi risultano oggi: i disegni e le immagini d’epoca rilevano infatti torrette e portali di accesso e anche un ponte levatoio verso il Borghetto. Di certo si sa che il Ponte Vecchio allora era largo appena 4 metri, cosa che con il tempo lo rese insufficiente ad accogliere e smaltire il traffico che lo sviluppo cittadino inevitabilmente implicò.

Un ponte o due ponti in uno?
All’inizio del 700, quando fu ricostruito il Ponte Vecchio, Ivrea aveva poco più di 5 mila abitanti, un secolo dopo la popolazione era quasi raddoppiata. Il Ponte continuava ad essere l’unico punto di scavalco del fiume, passaggio obbligato per uomini e merci del Canavese e sulla direttrice Torino-Aosta. Come è facile immaginare la sua larghezza di soli 4 mt non riusciva più a soddisfare il transito dei carri con le merci. Così nel 1830 Carlo Felice provvide ad allargarlo. La sezione di transito fu raddoppiata realizzando nuove arcate affiancate al ponte, non prima di aver dato una ulteriore limata alla roccia di sponda per allargare l’alveo. Un’immagine del 1850 ce ne restituisce le fattezze dopo l’ampliamento dalla visuale di valle. Non vi sono più le torrette, i portali e le edicole che, per tanto tempo avevano, adornato il ponte. Nonostante questo raddoppio, è probabile che il ponte fosse ancora insufficiente a reggere e servire lo sviluppo economico della città e la crescita esponenziale della mobilità, tanto è vero che nel 1858 fu inaugurato il Ponte Nuovo o Isabella, ora Adriano Olivetti.

In sintesi, quante vite ha avuto il nostro Ponte?
Il Ponte Vecchio ha circa 1900 anni, ma ne dimostra 300! Nel corso della storia, è stato infatti distrutto e ricostruito almeno 4 volte. È crollato in tutto o in parte il ponte romano, forse anche quello ricostruito dai Longobardi. È andato distrutto anche il ponte ligneo, in seguito, ricostruito in muratura, per essere nuovamente raso al suolo durante l’assedio posto alla città di Ivrea dai Francesi comandati dal generale Vendôme nel 1704. Riedificato definitivamente nel 1716 e ampliato nel 1830. Da questo conto sono esclusi i probabili danneggiamenti o crolli causati dalle piene della Dora Baltea. E’ infatti verosimile che nella sua lunga vita il Ponte ne abbia patiti, tenuto conto che l’alveo fu via via maggiorato nelle varie ricostruzioni e si può quindi supporre che in passato le alluvioni abbiano potuto causare maggiori
danni ad una struttura che si presentava meno resistente. Di certo vi è transitata sopra la storia intera della città e non solo, ha unito più di quanto abbia diviso ed è stata l’infrastruttura più importante per l’economia  del Canavese per oltre 1700 anni.

Quanti sono in tutto i ponti di Ivrea?
Se ci si limita ai confini cittadini, oggi ad Ivrea si contano 5 ponti. Ai tre storici collegamenti del centro: Ponte Vecchio, Ponte Ferroviario e Ponte Isabella recentemente rinominato Adriano Olivetti, si sono aggiunti il Terzo Ponte e il Ponte Passerella. Ma avrebbero potuto essere anche di più. Alcuni ponti, infatti, sono stati previsti e mai realizzati. Senza contare il Pons Major che non c’è più e che sarebbe stato un’ulteriore perla della nostra città (150 mt, 10 arcate, strada basolata di 5,5 metri con marciapiedi). Il più sconosciuto dei ponti progettati e mai realizzato è il Ponte Diga di cui fu redatto nel ’57 un progetto a due piani dagli architetti Zevi, Quaroni, De Carlo e Musmeci, di cui si parlò molto negli anni ’60. Sarebbe sorto più o meno dove oggi c’è il Ponte Passerella e prevedeva una sorta di lago artificiale che avrebbe inglobato anche l’attuale stadio della Canoa.
Un altro ponte avrebbe potuto esistere 1 km prima del Ponte Vecchio, nei pressi della località delle Germane, sotto la collina del Crist. negli anno ’50, si stava progettando l’autostrada Torino-Ivrea, che avrebbe dovuto confluire sulla strada per Montalto Dora. La scelta intervenuta successivamente di prolungare l’autostrada fino a Quincinetto e poi di farla proseguire sino ad Aosta, fece si che l’autostrada rimanesse sulla destra orografica del fiume e  fece conseguentemente sfumare la possibilità di avere un altro ponte prima del Ponte Vecchio.

Perché sono così pochi i ponti a monte di Ivrea?
Dal Ponte Vecchio, risalendo il fiume, non si incontrano altri ponti per circa 7 chilometri, sino a Baio Dora. Il motivo principale è legato al fatto che il territorio in quel tratto è poco antropizzato ed è stato preservato come ambiente naturale ed agricolo anche in considerazione della pericolosità idraulica della Dora Baltea. In occasione delle piene alluvionali, a monte del Ponte Vecchio si crea un bacino di laminazione che serve a contenere il rapido ingrossarsi del fiume, e si comporta come il lago di una diga. A fungere da chiusa in questi casi è proprio il Ponte Vecchio che è in grado di lasciare defluire una quantità di acqua pari a 1600 mc al secondo (nelle ultime alluvioni la portata della Dora era circa il doppio). Ciò che non passa sotto il Ponte Vecchio allaga la pianura antistante, coprendo una superficie di oltre 10 Kmq. Se l’evento alluvionale si prolunga per più giorni, l’acqua non riesce più ad essere contenuta nella piana e scolma verso il Rio Ribes. Per queste ragioni la zona è sempre stata considerata poco idonea a realizzare nuove infrastrutture.

Il Ponte Vecchio è solo un ponte?
Il nostro Ponte è stato ed è un testimone della storia. Oltre che essere un luogo di passaggio, è anche un prezioso punto di osservazione, un punto di vista comune per tanti punti di vista che insieme hanno formato e continuano a formare una visione. Il lettore avrà già colto, sin qui, che il Ponte Vecchio è qualcosa di più di un semplice scavalco sul fiume, che si è prestato e si presta anche ad usi fuori dall’ordinario. Sicuramente l’uso alternativo, unico e più famoso a cui il Ponte Vecchio viene destinato ogni anno per tre giorni è quello di palcoscenico per la battaglia delle arance dello Storico Carnevale di Ivrea. La scena che qui viene rappresentata è il degno prologo della più suggestiva rappresentazione del combattimento che avviene pochi metri dopo nel Borghetto. Altri momenti del Carnevale ne richiedono la presenza come la Riappacificazione dei Rioni del Castellazzo e del Borghetto, o la Preda in Dora. Molti altri ve ne sono, di noti e meno noti, come il rito praticato dai canoisti eporediesi negli anni ’80, che usavano buttarsi in Dora dal ponte indossando il solo giubbino salvagente.

I numeri del ponte
Per concludere questo breve racconto sul Ponte Vecchio, proviamo a compilare una sua sintetica anagrafica.
La sua lunghezza complessiva è di circa 38 mt, le arcate dal Borghetto verso la città misurano in luce mt 2,5, 14 e 7,5.
La larghezza di transito è di mt 7,10, mentre le spalle sono alte 90 cm e larghe 40 cm.
L’altezza dell’arco centrale dal fondo roccioso dell’alveo è di 28 mt.
Potrebbe pesare tra 5000 e 6000 tonnellate a seconda della consistenza del riempimento interno.
Sulla sua carreggiata transitano grossomodo 4000 veicoli al giorno.
Dalle sue arcate possono defluire, in caso di piena del fiume, poco più di 1600 mc al secondo di acqua.

Alluvione 2000

 

 

“Io ho sempre pensato che i ponti è bel lavoro che sia: perché si è sicuri che non ne viene del male a nessuno, anzi del bene, perché sui ponti passano le strade e senza le strade saremmo ancora come i selvaggi; insomma perché i ponti sono l’incontrario delle frontiere e le frontiere è dove nascono le guerre”
(Tino Faussone in “La Chiave a stella” di Primo Levi)

I Croass dël Borghet ringraziano gli amici che hanno reso possibile questa pubblicazione, Alberto Redolfi che, con l’aiuto di Graziella Gambetta la scritta e curata; Gianmario Garetto e Roberto D’Angelo per le immagini concesse.